Genitori equilibristi di Rita Balestriero

Intervista pubblicata su la Repubblica Online il 25 marzo 2022

Oggi volevo parlarti di padri, di quelli che ascolto la mattina quando riesco a prendere il caffè davanti alla scuola. Una volta si diceva il caffè delle mamme, ma ora questa espressione non regge perché spesso ci sono più papà, e non parlano di calcio o finanza, discutono di educazione, pedagogisti, punizioni.

Mi sembrava un bel modo per celebrare la festa del papà, ma lo farò uno dei prossimi venerdì, promesso, perché nel frattempo ho incontrato un’amica e mi sembra più urgente raccontarti di questo. Lei è mamma di un ragazzo Adhd. Questo acronimo sta per Attention Deficit Hyperactivity Disorder, il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività.

Ci tengo a raccontarti la storia di Valeria perché è un grande invito - per tutti noi genitori equilibristi - a cambiare punto di vista, a metterci nei panni degli altri, a non dare giudizi affrettati, e neppure a dire la prima cosa che viene in mente. Adesso capirai perché.

Quando ti sei accorta che c’era qualcosa che non andava?

Dieci giorni dopo l’inizio della prima elementare Marco mi disse che quella era una prigione per bambini. All’interno di quelle regole non riusciva a starci ed è emerso all’improvviso tutto il suo malessere. Il giorno in cui gli hanno diagnosticato l'Adhd me lo ricordo come fosse ieri, ogni singolo momento.

Ma come ci siete arrivati?

Le maestre hanno convocato me e il suo papà - siamo separati – e ci hanno consigliato di chiedere una valutazione da parte di un centro di neuropsichiatria infantile. Da lì è cominciato un lungo percorso, ho aperto una porta che non avrei mai pensato di varcare e dentro era tutto buio.

In che senso?

Mi sono resa conto che mio figlio non era quello che pensavo di conoscere: questo era quello vero. E ovviamente le preoccupazioni erano moltissime: il mio tentativo di capire e approfondire questa malattia però, si accompagnava al terrore di farlo. Avevo paura di scoprire perché avevo capito che essere madre di un bimbo Adhd ti cambia la vita. E sai una cosa?

Dimmi.

Io non so se l’ho ancora accettato fino in fondo.

Quali sono i sintomi di Marco?

Oggi che sono in contatto con molti genitori Adhd tramite l’associazione Aifa ho imparato che ci sono infinite sfumature di malessere e io sono fortunata. Marco, per esempio, non è assolutamente violento, lui semplicemente vorrebbe scappare da scuola. Ha un quoziente intellettivo molto alto quindi non ha problemi ad apprendere, ma si stufa a stare in classe, si nasconde sotto il banco, vuole far ridere gli altri e alla fine risulta antipatico. Ho sempre visto benissimo negli sguardi delle altre mamme cosa pensavano di lui.

Che cosa?

Che non era seguito, sai è figlio di separati. Che era abbandonato, sai sua madre lavora moltissimo. Quando lo portavo alle elementari avrei voluto nascondermi dietro un albero del cortile perché temevo sempre che una maestra mi chiamasse per raccontarmi qualcosa che aveva combinato, o che gli altri genitori mi vedessero e cominciassero a sparlare. Io li ho odiati quelle mamme e quei papà, ma la verità è che al loro posto avrei fatto lo stesso perché loro non lo sapevano quello che stavamo attraversando. Se un bambino entra ad una festa in sedia a rotelle tutti si adoperano per aiutarlo ma, se arriva Marco e inizia a comportarsi male, io non posso anticiparlo spiegando la natura dell’Adhd e gli atteggiamenti da tenere con lui. E quindi è normale che loro alle feste mio figlio non lo volessero.

E Marco se ne accorgeva?

Intorno alla quarta elementare gli ho spiegato che ha un cervello più veloce degli altri: questo gli permette di arrivare spesso per primo, ma il rischio è quello di perdere dei particolari lungo la strada. Per lui, per esempio, era complicato anche copiare i compiti alla lavagna, guardandola si distraeva. E allora ha iniziato a chiedere alla maestra di dettarglieli: aveva capito che questo lo aiutava.

E oggi che è più grande?

A settembre, quando ha iniziato la prima media, gli abbiamo spiegato tutto a livello tecnico. Dopo tre mesi, un pomeriggio è scoppiato a piangere chiedendomi perché lui era nato così… Allora io ho cercato di fargli capire che ha anche un sacco di talenti e lui mi ha risposto che anche altri ce li hanno, ma loro si comportano in modo diverso. Quindi ho cambiato approccio: mi sono inventata delle difficoltà che non ho mai avuto e gliele ho raccontate. Ho cercato di farlo sentire compreso.

Dopo tutti questi anni, quale pensi che sia la sfida più grande per un genitore?

Gestire l’infinito amore e la tenerezza che provi per lui con l’infinita rabbia per i suoi comportamenti, a volte anche provocatori. Pensa a quando tuo figlio ti fa innervosire e amplifica tutto: questa è la mia vita normale.

Prima hai parlato delle altre mamme, ma le tue amiche, invece, ti sono state vicine?

Sono fortunata perché ho un sacco di persone che vogliono bene a me e a Marco, che è comunque cresciuto circondato da amici. Ma purtroppo chi ti ama a volte rischia di fare peggio perché - pensando di aiutarti – quando tu ti confidi o ti sfoghi tende sempre a sminuire: “Ma guarda che è normale”, “È solo un po’ vivace...”, “Tutti i maschi faticano a stare seduti sul banco...”, oppure “ma dai, avrà solo bisogno di sfogarsi un po’, portalo a fare una passeggiata, iscrivilo a qualche sport, a teatro, a...”. Come se non avessi provato tutte le attività del mondo, oltre alla psicomotricità.

E adesso Marco come sta?

Ha bisogno di una nuova valutazione perché è entrato nella preadolescenza e per la prima volta stiamo considerando la terapia farmacologica. Non avrei mai immaginato di arrivare a questo punto ma mi sono resa conto che molti genitori la usano e ho capito che non si tratta di una sorta di anestetizzante – come credevo io - ma che gli permetterebbe di avere meno caos in testa. Molti bambini ne traggono giovamento e forse vale davvero la pena provare, per aiutarlo. In fondo se fosse diabetico non gli darei la cura? E se fosse epilettico?

C’è un consiglio che ti senti di dare ai genitori equilibristi che scoprono di avere un figlio Adhd?

Il primo è quello di non avere paura di indagare e di fare tutto il possibile per arrivare alla diagnosi, anche se è un percorso complicato. Il secondo è di cercare di accettare i vostri figli, perché l’Adhd non è come una ferita che poi si rimargina, resta per sempre. Il terzo ed ultimo è quello di entrare in un’associazione di genitori, come l’Aifa, perché confrontarsi con gli altri è fondamentale. Io mi sono sentita meglio solo nel momento in cui mi sono riconosciuta nel dolore degli altri.